mercoledì 4 aprile 2012

..peccato..

 Non l'ho scritto io, ovviamente..ma servirà a voi per farvene una ragione..puoi anche battere il Barcellona, ma non la filosofia che c'è dietro..

"Occupy Football: la primavera permanente di un uomo orizzontale"


"Per anni abbiamo mitizzato la posizione sbagliata: el hombre vertical, libero, indipendente, incapace di piegarsi. Senza renderci conto che si poteva aspirare a qualcosa di più alto, sospeso sulle nostre teste e sul misero cammino dei giorni: el ombre horizontal, talmente lontano dalle logiche precostituite che è il destino a piegarsi di fronte a lui. Eccolo lì, nella scena madre tramandata dal Giappone attraverso le maglie dei fusi orari; eccolo, ancora sollevato in aria dai suoi uomini, il comandante vincente: Pep Guardiola. Se ne sta lassù per la volta ennesima, e sorride. Non ci sono le lacrime di Mourinho dopo il triplete, c' è il sorriso di chi ha fatto anche poker, e continua a giocare. Perché Mourinho quei successi li aveva strappati, Guardiola li ha semplicemente meritati e fa tutta la differenza del mondo. Un mondo diviso tra adoratori del Mou e seguaci del Pep. Diciamolo subito: la seconda che ho detto. Tutta la vita. Perché Guardiola è una concezione più alta e più bella della vita stessa è, per usare un' espressione di Houellebecq, estensione del dominio della lotta. Gli americani, che non capirono mai il senso del titolo di quel romanzo, lo tradussero "Whatever", qualsiasi cosa. Chi non capisce Guardiola può pensare che sia una cosa qualsiasi quella che ha fatto e continua a fare, ma nonè così:è l' estensione del dominio del calcio,è la creazione di modelli di uomo e di condotta più evoluti, l' applicazione duttile di una filosofia che può valere per un qualsiasi gruppo tendente a un fine. Nelle convention aziendali capita che ai mediani di spinta del profitto venga mostrato un lucido con l' immagine di Guardiola e la sua memorabile frase: «Noi non abbiamo un centravanti, il nostro centravanti è lo spazio». Li spinge alla conquista del mercato, inducendoli ad aggredire non gli avversari ma le possibilità, è propaganda che conquista i cuori e le menti, è strategia, ma soprattutto: funziona. Ha funzionato. La riprovaè sotto gli occhi di tutti, da anni. Con l' eccezione della Champions 2010, adulterata dall' incongrua presenza di Ibrahimovic, un centravanti che ingombrava lo spazio. E la verità, sia detta, non è che Guardiola ha avuto paura di Mourinho, ma che Ibra ha avuto paura di Messi, non ha saputo cacciarlo a suon di gol da centro area, dove quello inseguiva i corridoi e lui semplicemente il pallone. Il Guardiola horizontal sulla testa dei suoi uomini è la realizzazione dell' utopia morotea, una convergenza parallela: lui sta sopra di loro senza schiacciarli mai, vola perché loro lo facciano. Anzi, perché lo hanno fatto. Ha detto: «Non sono sicuro che questa generazione si renda conto di quel che ha realizzato». Ai più occorre proseguire e poi voltarsi indietro, scrivere il proprio necrologio in vita per riuscirci. La forza di Guardiola è, anche, nella capacità di capire le cose in simultanea. Non sono soltantoi trofei, che valgono doppio includendo quelli della nazionale spagnola, costruita a immagine e somiglianza del Barcellona.È come le cose accadono. L' esistenza su questo pianeta è un susseguirsi di scontri. Che li generi l' odio o l' amore, gli esiti finali sono gli stessi: morti, feriti, recriminazioni e rimpianti. Sangue a piazza Tahrir e lacrime nelle aule di tribunale. Non ci sono accettabili separazioni dall' illusione. Chi perde qualcosa detesta chi glielo sottrae, la sorte che lo ha consentito e se stesso. Mourinho ti fa sentire ancora più piccolo, ti nega ogni consolatorio spiraglio, e va bene così: «I secondi sono i primi degli ultimi». Amen. Liturgia della ferocia, realismo darwiniano. Guardiola determina l' impensabile: erige il sadomasochismo a forma di pacificazione sociale, ti massacra e ti induce a ringraziarlo. Ramalho, il tecnico del Santos, e Neymar, la sua stellina, escono dal campo pieni di graffi, annichiliti eppure contenti: ammanettati ai propri limiti hanno incontrato i molteplici acuminati strumenti dell' altrui virtù e, per un glorioso intermezzo, ne hanno goduto. Che questo tipo di rapporto sia irripetibile nulla gli toglie, anzi qualcosa gli aggiunge. Guardiola non avrà mai un altro Barcellona, ma altri hanno avuto Messi e Xavi e non li hanno elevati a questa potenza. La sua non è una squadra e non è una generazione, è un movimento. In senso fisico e intellettuale. È quel che ci resta delle rivoluzioni, perchéè la sola vincente, nessuno ha trovato le contromosse, la reazione ha fallito. Occupy any space in the field. Primavera permanente. Fede: in qualcuno che sta sopra, ma issato dalla forza di tutti. E quella forza è la sua creazione".

Almeno vincerete il vostro 19esimo campionato, o quello che è..e per chi di voi si ricorda la coreografia del match d'andata, ecco qualcosina..

 

 IL PROFETA (o meglio, L'airone..)

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